Grafologia teorica e pratica

La selettività dell'essere umano

Lavoro?
Amore?
Famiglia?
Soldi? 
Cosa ha in serbo il futuro per me?
Di solito quando sento queste parole, anzi domante, messe così in elenco, mi vengono in mente le tipiche conversazioni da cartomante / oroscopo / divinazione / lettura dei fondi del caffè / e metteteci dentro tutto quello che volete.
 
Ma da dove vengono tutte queste domande?
Senza dubbio sono legate a necessità/ bisogni assolutamente umani che ci caratterizzano, ma sono bisogni uguali per tutti?
Io ho pensato molto spesso a tutte queste cose...e mi domando: perché le persone soffrono profondamente a causa della mancanza anche solo di uno di questi obiettivi come se non avessero raggiunto nemmeno quelli che effettivamente hanno consolidato dopo anni di impegni?
 
Avviso fin da ora che l’argomento è estremamente vasto e che quindi lo tratterò da più punti di vista scandagliandolo sulla base di vari preconcetti e concetti; per ora affrontiamo il primo argomento in base a come la penso io, e più esattamente ponendo dei paletti di riferimento: spesso non riusciamo ad avere tutto...come facciamo quindi ad avere tutto? O anche: perché vogliamo avere tutto? È il “tutto” quello di cui abbiamo veramente bisogno? Il “tutto” cosa poi?
 
Contestualizziamo la situazione: specifico che parlo della persona media all’interno della società tipica occidentale di cui io stessa faccio parte. Non sono sociologa e desidero concentrarmi riguardo le argomentazioni di cui sono più informata (giusto per evitare di dire incorrettezze).
 
Cercando di accompagnarvi in un discorso di interiorizzazione, penso che si definisca “tutto” è quello che ci fa stare bene. 
Ci sono vari livelli di benessere, come lo spiega anche la piramide di Maslow. Questa struttura ci indica vari livelli di bisogni che via via richiedono di venire soddisfatti (non necessariamente nell’ordine descritto) dalla base dei bisogni fisiologici fondamentali, all’appartenenza ad un gruppo sociale, alla punta dove si identifica la propria auto-realizzazione.
Quello che ci fa stare bene: è quindi composto da tante cose, tanti bisogni.
Fra questi bisogni c’è a metà strada il bisogno di appartenenza, dove diamo peso alla società o gruppo di persone di cui facciamo parte. Perciò l’appartenenza è un bisogno fondamentale per ognuno di noi, al punto da svendere i nostri reali bisogni di autorealizzazione per accontentare il nostro gruppo di appartenenza pur di compiacerli e farci sentire accolti. Perciò abbiamo paura. Sì: la paura di venire giudicati male e poi abbandonati, lasciati soli ai margini della società e quindi esclusi, ci fa desistere dall’inseguire i propri ideali. 
In passato ( e per passato intendo ai tempi della caccia e della vita nomade ) venire lasciati soli era una condanna a morte. Se si veniva emarginati non c’era modo di salvarsi dal morire di fame oppure sbranato dagli animali feroci.
Questa paura ci accompagna da sempre. Rimanere soli e incompresi ci toglie la possibilità di essere noi stessi. Non importa che negli ultimi due secoli si sia sviluppato un sistema di vita completamente sicuro che ci permette di mangiare e curarci in modo assolutamente più organizzato e semplice che non nel periodo preindustriale. La mente umana è stata programmata per vivere in gruppo. E tante volte preferiamo l’omologarci al distinguerci. 
 
Le persone si sono avvicinate di più all’idea che ci sono cose più importanti delle vecchie filastrocche dalla società degli 50 ( tagliati i capelli, trovati un lavoro e fatti una famiglia ) solo perché il sistema socio economico ci sta pian piano dando la possibilità di essere più tutelati ( oddio ancora troppo poco, ma sempre più che nel 1400 ) e di poterci esprimere per come siamo.
Tutto questo ( ricordiamolo bene ) è anche il risultato di grandi lotte storiche per i diritti umani e per  la salvaguardia delle peculiarità minori che caratterizzano l’uomo.
Settant’anni fa essere eterosessuale, con una famiglia a carico e un buon stipendio potevi dirti realizzato. Oggigiorno non esiste più nemmeno uno di questi tre presupposti come necessariamente valido perché una persona si debba sentire realizzata. E meno male! La vastità della varietà umana è importante e fondamentale in un mondo che sta prendendo sempre più consapevolezza che siamo esseri umani e non delle macchine omologate ad uno schema preimpostato.
Ma quindi...cosa vuol dire essere umano?
 
Un essere umano secondo la Treccani (chi mi segue, sa bene quanto ne io ne faccia abuso), determina tantissime definizioni da diversi punti di vista, ma ovviamente per trattare l’argomento di oggi, ho deciso di sfilare la definizione di cui ho bisogno.
 
Essere u.: Con allusione a quanto c’è di limitato fisicamente e moralmente nell’uomo: la limitatezza umana;
 
Essere umani, significa soprattutto essere tutti limitati, ognuno a modo suo. Proprio come nella grafologia è evidente che possono essere presenti solo parte delle decine di segni grafologici esistenti, anche ognuno di noi è portato a elaborare selettivamente le informazioni ( per esempio ci sono grafie molto sciatte che portano una persona a non considerare proprio la realtà che li circonda, o grafie molto sostenute che criticano ogni cosa passi sotto la loro attenzione ) , per non parlare del fatto che ogni scrittura è profondamente unica e irripetibile esattamente come lo sono le personalità e i modi di pensare che risultano personalizzati anche per due gemelli omozigoti che portano in sé lo stesso corredo genetico. Omologare la persona a schemi preimpostati ha essenzialmente il vantaggio di mettere tranquilli gli individui riguardo il che cosa aspettarsi dagli altri e di poter giudicare in modo semplice le situazioni in quanto è semplice discernere cosa è giusto e cosa è sbagliato, aiutando le persone a non doversi prendere la responsabilità di dover crescere e uscire dalla propria zona di confort accettando anche cose fuori dalla loro portata. Alla fine, pensateci bene, è una forma di conservazione del proprio status quo...le persone difficilmente vogliono cambiare se non stimolate da necessità impellenti che le costringono a farle muovere dal loro ambiente tipico. Avviso che questa deduzione è abbastanza riduttiva e poco argomentata, ma avrò modo di spiegare anche questo in altri articoli. Proseguiamo.
Ma perché queste limitazioni e tutte queste difficoltà a cambiare? La mente è selettiva: può elaborare solo una quantità limitata di informazioni per volta, inoltre per natura quando un individuo raggiunge lo stabilirsi di una qualsiasi abitudine, la mente tende a mantenere attivo quel processo, escludendo le novità, in quando il cervello per natura ottimizza, ma soprattutto cerca sicurezze. Cambiare abitudini è difficile e richiede un grande dispendio di energie, ma soprattutto: ci fa paura. Paura?? Paura di che cosa? 
Soprattutto paura di essere inadeguati, quindi ci rifugiamo nelle nostre sicurezze.
La società ci da le regole e noi dobbiamo perseguirle. 
Ma sappiamo distinguere quando una regola è dettata dal nostro modo di essere oppure dai desideri di qualcuno ( o più di qualcuno ) per noi molto importante?
 
Non conosciamo noi stessi tante volte, e quindi ci rifugiamo nelle certezze e sicurezze che la società ci fornisce. La società non è necessariamente un male in tutto questo. È semplicemente la risultante di quale pensiero comune tende ad avere il sopravvento in quel momento storico. Quindi sta a noi uscire dalle nostre abitudini e chiedersi: cosa voglio veramente?
Se non si è consapevoli di se stessi, è anche possibile che per tutta la vita inseguiremo un ideale preso per comodità da quelli proposti dalla società che non ci appartiene, a quel punto diremo: ho soldi, una vita familiare e un lavoro: ma magari volevamo solo “sprecare” il nostro “prezioso” tempo per dedicarci alla pesca in riva al fiume.
 
Capiamoci è umano avere paura. È umano fare fatica ad affermarci. È umano sbagliare strada. Ma ve lo assicuro: se scoprirete voi stessi, non solo sarete realmente realizzati, ma anche troverete un gruppo ( sempre se lo desiderate ) che vi metta a vostro agio e vi capisca.
 
Il mondo è vasto, colorato, complesso...e la mente umana può elaborare solo una quantità limitata di informazioni. Se non riuscite ad avere quello che realmente volete, andrete a costruirvi una vita che non vi appartiene e porterete con voi un’incomprensibile insoddisfazione che non saprete nemmeno interpretare, ma che esprimerete portando con voi un atteggiamento di continuo giudizio e chiusura.
 
Domandatevi che cosa significa davvero quell’insoddisfazione che provate. Domandatevi se la strada che avete intrapreso vi da ciò di cui avete bisogno o se è altro che desiderate introdurre nella vostra vita. 
 
Il nostro essere umani limita le nostre possibilità è vero… ma questo non è sbagliato: semplicemente ognuno di noi deve avere il coraggio di scegliere ciò che ci rende felice e limitare le nostre scelte agli ambiti per cui siamo predisposti a vivere con serenità.
La nostra società è fatta di mille colori...scegliete quelli che vi piacciono di più, il resto potete anche lasciarlo andare. Non rimarrete soli, promesso.
 
Per concludere: vi ricordate le domande che ho posto all’inizio? Sì dai, quelle da cartomante.
ecco: è necessario avere ogni singola cosa dell’elenco stilato per essere realmente felici? Io non credo. Forse ne abbiamo costruite tre su quattro, ma magari avevamo bisogno solo della quarta….e siamo infelici perché ( per rendere felice chi abbiamo accanto ) abbiamo messo da parte il nostro reale desiderio per non essere giudicati male, e lasciati soli.
Non serve avere tutto nella vita. Basta avere quello che vogliamo davvero...e per averlo: dobbiamo prima di tutto conoscere noi stessi e avere il coraggio di lasciarci alle spalle ciò che ci hanno inculcato da sempre. Quando siete infelici e vi sembra vi manchi tutto, chiedetevi: lo vogliamo noi? O lo vuole qualcun altro per noi? Ma soprattutto: non prendetevela a male con voi stessi se non riuscite ad ottenere tutto, siamo umani, siamo limitati abbiamo bisogno del nostro tempo per comprendere le cose :)
 
Little summary to let you recover the way we did together:
 
    1. Le domande da cartomante e l’infelicità che accompagnano;
    2. Da dove vengono queste domande?
    3. La piramide di Maslow;
    4. La paura dell’emarginazione e della solitudine;
    5. Siamo esseri umani e quindi esseri limitati;
    6. È difficile cambiare;
    7. Le sicurezze della società;
    8. Obiettivi comuni non significa obiettivi uguali per tutti;
    9. L’umana paura di distinguerci;
    10. Non rimarrete soli, promesso;
    11. Conclusione.
 
Ringrazio come sempre per la vostra attenzione e assicuro che nella sezione commenti sarete liberi di fare tutte le argomentazioni costruttive che vorrete. un caro saluto.

Iro Järvinen
 
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