Grafologia teorica e pratica

Gli estremi di una unità: una medaglia, due facce

Che la forza dell’inchiostro vi segni la via Pennini!
Sono di nuovo qui con voi bellezze :) 

Oggi mi sono fermata più del dovuto a strutturare un articolo, al punto che mi sono resa conto che era meglio dividerlo in più parti, giusto per alleggerire il tutto.
Insomma alla fin fine è già una bella cosa che siate interessati al mio punto di vista della realtà, quanto meno vorrei rubarvi non più di dieci minuti ad argomento :)
 
Questa sera sono le 22.46 e ho pensato di parlarvi dei simboli.
Vi siete mai chiesti che cosa sia effettivamente un simbolo? E perché sono così importanti per noi esseri umani?
 
Ogni simbolo ha in sé la chiave per estrarne le informazioni, esattamente come accade per le serrature: le informazioni che ne codificano il significato sono le chiavi.
 
Ma accade spesso che non si conoscano i significati di ogni simbolo e allora associamo a simboli simili ad altri il medesimo significato, come se, dato che si assomigliano, abbiano lo stesso valore. Niente di più errato, ma ahimè ciò avviene spesso, sempre a causa della selettività della mente umana ( https://www.lagrafologia.eu/site/dettaglio.php?id_noticia=11 ) che ci porta a vedere la realtà solo con i colori che conosciamo.
 
Quando giudichiamo male senza cognizione di causa, accade la stessa cosa, si associa ad una serratura una chiave generica e la si forza tentando di estrarne un significato completamente incongruente con il reale contenuto del simbolo e lo si interpreta erroneamente; come quando fate l’operazione 3 x 2 e lo interpretate come 3 + 2 in quanto i due operatori si assomigliano terribilmente… il problema è che una volta fallato il primo passaggio, anche i successivi saranno completamente errati e da riconsiderare finché non sarete in grado di riconoscere il primo grande errore di tutto il ragionamento. 
 
Una grande falla della realtà sociale è data dall’analfabetismo funzionale: per quanto si sappia correttamente leggere e scrivere, non si associano correttamente le parole al loro significato e questo porta ad una incorretta interpretazione del contenuto. Se non si conosce il contenuto, significa che non ci sarà possibile comunicare in modo ottimale con chi ci sta parlando.
 
Essere oggettivi è possibile solo se si è in grado di mettere da parte il nostro giudizio e osservare le cose, e i simboli, che ci circondano, per il loro significato intrinseco e non per la sensazione positiva o negativa che vi interpretiamo a scapito della loro reale funzione.
 
Il mio consiglio è imparare che positivo e negativo sono le estremità di un legame inscindibile di qualsiasi simbolo che porta in sé un contenuto, come una moneta è tale in virtù delle sue due facce, anche le situazioni sono considerate nella loro interezza solo se ne osserviamo entrambi i lati. Se rimaniamo soggettivi osservando solo il lato che ci piace, tenderemo a guardare quell’unità solo da un unico punto di vista, che escluderà l’estremità opposta, portandoci a cercare di estirpare le cose a nostro giudizio “negative” e di preservare a denti stretti le cose “positive”.
 
Ma più mordiamo fra i denti il positivo, più stringiamo fra le dita anche il negativo, in quando le due sono irrimediabilmente unite.
 
Purtroppo quando si vuole eliminare qualcosa o qualcuno… mi ricorda tanto il desiderio nazista di eliminare gli ebrei. Quando eliminate qualcosa, tenete sempre a mente che avete buttato via potenziali mezzi per migliorare la qualità della vostra vita e magari addirittura in modo indiretto anche la loro, migliorando quindi una società. Per non parlare del fatto del concetto per cui la nostra spazzatura potrebbe essere oggettivamente il tesoro di qualcun altro.
 
Per uscire dal vostro guscio di giudizio e imparare ad oggettivare, provate a usare la tecnica dell’utilità: associate la parola “utile” invece di positivo, e le parole “non mi serve” invece che negativo. Nel primo caso se la persona non vi piace, ma ha una utilità che potrebbe migliorarvi la vita, vi porterà a considerarla per i comportamenti che vi aiutano e poi lascerete semplicemente andare quello che non vi piace dicendo un semplice “non mi serve”.
 
Quando dite “non mi serve” al posto di “negativo”, è un po’ come lasciar da parte qualcosa senza gettarlo via, in questo modo gli permettete di esistere e non tenterete di estirparlo, tanto meno lo odierete, perché attraverso il beneficio del dubbio gli darete la possibilità di continuare il suo percorso, permettendogli inoltre di ripresentarsi a noi quando avrà qualcosa di utile che potrebbe migliorarci ulteriormente la vita.
 
Nel caso della considerazione “positiva” si va a dare un valore molto alto alla cosa, verso cui diventeremo dipendenti e che pur di non perderla faremo gesti molto forti a costo di non lasciar andare quella cosa o quel qualcuno. Inoltre la considerazione positiva è un estremo che accompagnerà con sé il concetto che accanto ad esso \ essa ci sarà di sicuro una controparte negativa che cercheremo e che una volta individuata tenteremo di estirparla.
Se invece la \ lo consideriamo utile, ne facciamo uso con fiducia, ma viene considerato un mezzo che può essere tranquillamente sostituito con altri e il suo diventare opposto ( non mi serve ) non ci porta altro che a pensare che lo possiamo mettere da parte, permettendoci così di non essere troppo legati a quel qualcuno o qualcosa.
 
Non esiste un mezzo solo buono e uno solo cattivo. Esistono solo i mezzi, badate bene che sono i comportamenti e non le persone a farne buono o cattivo uso. Se giudicate una persona in toto negativamente, avrete ( con buone probabilità ) buttato via qualcuno che potrebbe essere importante nella vostra vita in futuro: pensateci 10 volte prima di giudicare la persona senza andare a fondo oggettivamente. Giudicare il comportamento, quindi circoscrivere il giudizio nel gesto e non nella persona ( specialmente se non la conosciamo ), ci permette poi di considerare quella persona come ancora valevole di potersi guadagnare ( magari con fatica, magari nel lungo termine ) una posizione di utilità nei vostri confronti.
 
In conclusione: considerate bene che ciò che ho scritto in questo articolo non vuole assolutamente negare che giudicare faccia parte di ognuno di noi, infatti non è possibile eliminare il nostro cervello mammifero e le sensazioni che ci portano a considerare una cosa buona o cattiva, ma alle volte sviscerare un po’ il ragionamento aggiungendo delle considerazioni oggettive, ci porta ad affrontare la realtà con una fiducia diversa, permettendoci di non rimanere troppo coinvolti dalla nostra modalità di pensiero giudicante.
 
NB: se vi sentite giudicati, è perché voi per primi lo fate. Perciò chiedetevi chi è il vero responsabile del vostro sentimento e la percezione che avete dagli altri nei vostri confronti.
 
Let’s write with me a summary:
 
    1. Il cervello umano è simbolico;
    2. I simboli: una serratura e una chiave;
    3. Quando un simbolo viene erroneamente interpretato;
    4. L’analfabetismo funzionale;
    5. Positivo e negativo sono due estremi di un unica unità;
    6. La nostra spazzatura potrebbe essere oggettivamente il tesoro di qualcun altro;
    7. La tecnica dell’untilità;
    8. Esistono solo i mezzi: buono o cattivo è determinato dall’intenzione;
    9. In conclusione.
 
Pennini miei! Siamo giunti anche oggi al termine del nostro articolo. Mi raccomando fate del vostro meglio e sono certa che qualcuno che vi tratterà bene lo troverete, perché non solo gli sarete utile, ma addirittura vi giudicherà bene dove tutti gli altri vi hanno solo giudicato male :)
 
Vostra Iro Järvinen
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