Grafologia teorica e pratica

La sofferenza inespressa del passato - Parte 1

Parte 1 - I nostri " Vecchi "

“Si stava meglio quando ero giovane io.”
“Una volta sì che c’era il rispetto.”
“Non ci sono più i giovani di una volta.”
“I giovani non sanno cosa vuol dire sacrificarsi.”
“I giovani non hanno voglia di lavorare.”
“Alla tua età avevo già 10 anni di contributi alle spalle.”
….
 
Insomma Pennini: abbiamo pienamente capito di cosa stiamo parlando, e cioè del tipico sproloquiare dei Boomer.
Ma vogliamo giudicare male questi Boomer?
Assolutamente no.
Il mio scopo oggi ( come quello di ogni mio articolo ) non è tanto giudicare, quanto contestualizzare e gestire gli argomenti con il pensiero laterale, in modo da farvi comprendere che non importa chi siate, ma che una parola buona c’è sempre per tutti, specialmente coloro che si sentono i Pennini che meritano di essere.
 
Che cosa sia un Boomer non è l’argomento di oggi,

( se avete piacere di saperne di più, rimando al video del mitico Enrico
lui secondo me lo sa spiegare molto più in dettaglio di me )

piuttosto preferisco accoccolarmi in concetti più profondi ( ma che novità! ) in modo da farvi rendere conto che queste parole di giudizio hanno un senso ( assolutamente incompleto e diverso da ciò che immaginate ) e che non dico siano giustificate, ma che c’è un motivo se vengono sparpagliate continuamente nei discorsi dei nostri vecchi ( intesi come genitori ).
 
“Si stava meglio quando ero giovane io”
Questa frase ci accompagnerà nei secoli dei secoli, per il semplice motivo che non è legata realmente al contesto storico, ma al fatto che quando si era giovani, tutti stavano meglio, in quanto molto più pieni di energie, desiderio di vita e forza di agire nonostante tutto: quando si è giovani, si è ubriachi di vita quanto di incoscienza.
Ovviamente è fondamentale escludere che se c’era la guerra, per definizione, la persona bene non stava ( anche se devo essere sincera, questo ovviamente non è mica tanto ovvio, perché a quanto pare non lo pensano tutti ) ma non è questo il fatto che voglio considerare, in quanto si tratta di una situazione estrema. Piuttosto voglio mettere in campo il concetto che quando si è giovani, la mente è molto elastica e tende ad affrontare i problemi molto più facilmente, poi c’è un altra cosa che mette tutti a disagio: infatti va considerata la velocità inaudita con cui la nostra società si è sviluppata sia a livello tecnologico che a livello di legislazioni.
Fino a un po’ di decenni fa, il contesto storico era “meno” complesso. C’erano meno variabili da considerare, questo porta i nostri vecchi a giudicare male questo mondo perché si sentono profondamente a disagio con questa nuova realtà stimolante, velocissima e piena di possibilità.
Proseguiamo
 
“Una volta sì che c’era il rispetto.”
Cari Boomer…
Treccani: rispetto - Sentimento che porta a riconoscere i diritti, il decoro, la dignità e la personalità stessa di qualcuno, e quindi ad astenersi da ogni manifestazione che possa offenderli.
 
Ecco...questo è uno dei punti più caldi dell’articolo quindi mi impegnerò al meglio delle mie possibilità per mettere in luce il mio punto di vista senza mettere a disagio più persone possibili.
Il rispetto, inteso come viene espresso dalla definizione della Treccani, va differenziato in due sostanziali concetti: il rispetto preteso per imposizione dall’alto in un contesto piramidale e il rispetto guadagnato in condizioni di peer to peer ( persone allo stesso livello ).
Cosa cambia? Nel primo caso il rispetto viene alimentato e mantenuto dal timore della conseguenza violenta ( di qualsivoglia natura ) che potrebbe significare il far venire meno di questo privilegio, nel secondo caso il rispetto viene conferito per ammirazione e per riconoscimento nei confronti di una persona autorevole che è stata in grado di conferire per prima questo stesso privilegio in quanto c’è stata comprensione.
Ora: se pensiamo che i nostri genitori hanno dovuto subire maltrattamenti di tipo corporale quanto psicologico a causa dei nostri nonni, come minimo hanno il desiderio di rivalsa nei confronti dei propri figli in quanto desiderano ottenere il privilegio del rispetto piramidale imposto a loro. Questo privilegio ( nel loro modo di pensare ) gli spetta di diritto poiché esso viene semplicemente associato all’età o alla posizione gerarchica ( il titolare di azienda, il medico, il cardinale, la madre badessa ) e non da qualcosa di più complesso.
Poiché i figli di questa generazione ( circa dai millennials in poi ) sanno che cosa significhi un’infanzia mediamente migliore di quella che hanno vissuto i nostri genitori, come natura vuole, si sono sviluppati concetti di benessere molto diversi da quello a cui aspiravano i nostri genitori, e questi ragazzi hanno imparato che il rispetto ( quello vero ) è completamente diverso dal rispetto imposto dall’alto senza alcun merito reale.
I figli di queste generazioni si sentono al pari dei loro genitori e questa cosa li mette in profonda difficoltà in quanto si sentono non solo puniti dai nostri nonni che imponevano loro una gerarchia insensata quanto coerente con il tipo di società del loro tempo, ma addirittura vengono sorpassati dai loro stessi figli che hanno imparato a difendersi dalla violenza sia fisica che psicologica. Ciò li porta a sentirsi doppiamente frustrati.
Ma è forse una cosa solo negativa? Per chi ha il coraggio c’è sempre un modo per vedere i propri figli come una possibilità di miglioramento e non come l’ennesima punizione.
Perciò le loro parole sono in parte vere: “Una volta sì che c’era rispetto”
Una volta il rispetto gerarchico calato dall’alto c’era, ma ora è destinato a morire ogni giorno di più, in favore di un rispetto più sano fatto di persone alla pari. Se volete essere rispettati, nella maniera più sana che esista, è proprio accettare di essere allo stesso livello di tutti. Posso comunque capire che questa cosa non sia nelle vostre corde e che probabilmente non lo sarà mai, ma confido che troviate sempre persone che capiscano la vostra posizione e vi donino il sano rispetto di cui avete bisogno e che non vi è mai stato dato in quanto la vostra vecchia società ( ingiusta ) non lo prevedeva.
 
“Non ci sono più i giovani di una volta.”
Questa frase è alquanto fuori luogo, i giovani di “una volta” erano figli della loro società, quella di “ una volta”. I giovani di oggi sono figli della società di oggi, con le necessità di oggi...le necessità di “una volta” non ci sono più perché sono state risolte, ora ci sono nuove necessità, che poi tanto nuove non sono! Per il semplice fatto che le sofferenze che oggi possono venire espresse, una volta non avevano il minimo spazio di essere accolte, per una semplice questione di priorità di sopravvivenza….ma questo non significa che non sono necessità importanti, anzi! Ogni necessità è importante a suo modo e va accolta, ascoltata e risolta nel modo più sano possibile.
 
“I giovani non sanno cosa vuol dire sacrificarsi.”
Non è un sacrificio accettare le violenze psicologiche che portano i giovani di tutto il mondo a curarsi in centri specializzati: la crisi climatica, l’assenza di lavoro, lo sfruttamento dei lavoratori, dittature, anoressia, bulimia, depressione, abusi sessuali ( anche infantili ), abusi emotivi e chi più ne ha più ne metta? Noi giovani stiamo gestendo i problemi che voi vecchi consideravate normali se non poco importanti. Noi giovani ci stiamo prendendo carico di quello che voi vecchi non vi curavate di affrontare.
Non solo dobbiamo prenderci cura di voi e continuare a subire la vostra violenza psicologica umiliante e demolente, ma addirittura ci giudicate perché non ci spacchiamo la schiena dieci ore al giorno sette giorni su sette. Ci giudicate perché sogniamo. Ci giudicate perché siamo gay, lesbiche transessuali, non binari, … e potrei andare avanti ore. Ci giudicate perché divorziamo, ci giudicate perché facciamo gli influencer, gli youtuber, … ma è sbagliato forse tutto questo? O semplicemente voi lo giudicate male.
Noi siamo i giovani liberi e responsabili che voi non avete avuto la possibilità di essere.
Noi siamo i giovani di oggi.
 
“I giovani non hanno voglia di lavorare”
È solo una variante della frase precedente, quindi non sto a ripetermi.
 
“Alla tua età avevo già 10 anni di contributi alle spalle.”
Altro giudizio. Sempre una variante delle precedenti versioni. Si cerca sempre di sminuire i giovani che non sanno sacrificarsi...pazienza.
 
Ma cosa sono tutte queste frasi?
Sono frustrazioni. Sono una deresponsabilizzazione e una mancanza di riconoscimento della propria necessità di venire valorizzati e continua deferenza nei confronti dei propri genitori, perché si si vuole continuamente giustificare in quanto ancora pieni di timore di venire puniti per non rispettare i propri vecchi. Possono essere anche morti i loro vecchi, ma l’alone di odio e violenza psicologica continua ad accompagnare i nostri boomer che non hanno il coraggio di affrontare nonostante quei tempi siano finiti, non sono in grado di fare i conti esatti con il passato, ma soprattutto non sanno valorizzarsi e riconoscere la propria sana importanza. Se solo i nostri boomer riconoscessero un decimo del loro valore, esploderebbe dentro di loro una tale incontenibile rabbia che li farebbe soffrire per molti anni. Allora il loro cervello attiva tutta una serie di meccanismi di auto preservazione che li porta a giustificare i vecchi e maltrattare i giovani sperando di avere una rivalsa sui propri figli piuttosto di addossarsi le proprie responsabilità riconoscendo il male che è stato fatto loro ingiustamente.
 
Ed ecco che spunta il triangolo drammatico.
Tutto quello che c’è alla base è proprio la mancanza di rispetto e la mancanza di fiducia che si potrà mai essere rispettati veramente, per non parlare del fatto che non si conosce ( coscientemente ) che cosa significhi essere realmente rispettati.
Come come?
 
L’essere umano ( nei secoli dei secoli ) ha  sviluppato lo standard di forze ed energie umanamente possibili basandosi sui massimi esponenti che hanno dimostrato come un essere umano abbia possibilità enormi.
 
Però c’è un motivo se sono pochissimi gli umani che sono riusciti ad eccellere ( attenzione! Eccellere in un solo ambito della propria vita….uno! Uno, maledizione! )
Si crede che perché una persona è riuscita a vincere alle olimpiadi, allora sono capaci tutti di farlo. Allo stesso modo tutti vengono messi nella condizione di avere eguali capacità solo perché hanno un cuore che pompa sangue e una testa che ragiona. Ma non è così! Ci si limita a dire: basta un po’ di impegno e...puf! Magia. La persona vince 4 ori. Ma se vince i 4 ori ( con una fatica snervante ) allora pare che possa fare 5 figli, laurearsi e possibilmente fare il bucato senza che le venga un po’ di umano mal di testa. 
Queste pretese nei confronti delle persone devono sparire. Chiuso. Le persone sono persone: non macchine.
 
Come ho spiegato più volte in questo blog ( e ovviamente lo ripeterò fino alla fine dei miei giorni ), l’essere umano ha bisogno di tempo, spazi personali e soprattutto: se si hanno più interessi non è possibile eccellere in tutti i campi, per il semplice fatto che la mente ha dei dimostratissimi tempi di refrattarietà e le ore in un giorno sono solo 24, e anche se ce ne fossero di più….non ci basterebbero comunque. L’essere umano, come ogni creatura, ha dei limiti: e vanno rispettati. Sempre.
 
 
Cercare di eccellere e ispirarsi ai migliori, in ambiti sani, può essere un ottimo modo per stimolare le persone ad evolversi e proseguire verso la propria realizzazione, ma in ambiti meno sani, puntare al meglio solo per dimostrare qualcosa a qualcuno ( NB: quando si vuole dimostrare qualcosa è sempre sinonimo di insicurezza...si dimostra agli altri in quanto noi stessi non ci crediamo e vogliamo la costante convalida che noi stessi non siamo in grado di darci ) significa che siamo bel lontani da un sano ambiente di vita, siamo anzi parte di una sanguinosa gara dove il più forte sottomette il più debole e sfocia tutto in un ambiente malsano, involutivo e che fa tutto fuorché promuovere il benessere.
 
Capire cosa significhi stare bene è qualcosa di difficile, lungo e complesso. Ma se non sapete distinguere lo stare bene dallo stare male, non abbiatene a voi stessi...il mondo è un posto bello quanto doloroso, e probabilmente vi è toccata la pagliuzza più corta: ma non prendetevela con i vostri figli, magari vi stanno mostrando loro la via per liberarvi, come meritate, dal dolore che provate, dolore che nemmeno considerate tale in quanto normale routine.
 
In conclusione: Non molti millenni fa la schiavitù era una normale pratica, che solo con profonde e sanguinose guerre è stata in parte messa al bando. Allo stesso modo non molti secoli fa la donna è stata dichiarata in grado di votare, e nemmeno due decenni fa in Italia è stato dichiarato illegale lo stupro. Pennini miei, ogni volta che ci sarà una polemica, consideratelo un sanissimo e normale modo di esprimere il proprio dissenso e proseguire con l’evolvere della nostra società umana in ogni direzione e ambito esistente. Anzi! Se ci è possibile discutere, allora significa che c’è qualcuno con cui parlare e che ( anche se non ci ascolterà ) comunque servirà per far sentire la nostra voce, e ve lo assicuro: non esisterà mai un mondo senza polemiche, e vi auguro di non incontrarlo mai, perché in quei mondi fatati, le polemiche e i dissensi vengono repressi nel sangue e quei mondi si chiamano dittatura. I veri giovani sono coloro che aprono la bocca e discutono.
Imparate anche voi a discutere e farvi sentire in modo sano, ammettendo che ( una volta tanta ) anche voi avete bisogno di essere ascoltati, perché tutti ne abbiamo bisogno, soprattutto voi che avete subito una società che non vi ha rispettato.
 
We are the champion! Let’s restart again:
    1. Non voglio giudicare male i nostri Boomer;
    2. “Si stava meglio quando ero giovane io.”
    3. “Una volta sì che c’era il rispetto.”
    4. “Non ci sono più i giovani di una volta.”
    5. Ma cosa sono tutte queste frasi? Sono frustrazioni.
    6. I limiti umani.
    7. In conclusione.
 
Sperando di avervi fatto un po’ di riflessione, rimango a disposizione. 

Sempre vostra, Iro Järvinen
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