Grafologia teorica e pratica

Come sfruttare e non farsi sfruttare dal bias cognitivo - parte 1

Intanto diciamo cosa ne penso io…  che in realtà è l’unica cosa che so fare :3
 
Sapete come funziona la penombra del bias cognitivo? ( se non sapete che cosa sia, cliccate pure qui Il bias cognitivo ) 
è fondamentale saperlo per imparare ad uscire allo scoperto e non farci soggiogare dalle apparenze, perché capire quale sia la strada verso cui viaggia questo meccanismo ci serve per smontarlo concetto dopo concetto.
 
Con questo testo oggi non vi sto dicendo che è possibile eliminarlo e andare avanti senza biases, ma vi sto dicendo come rendervi conto che probabilmente state dando per scontato cose che effettivamente nemmeno vi accorgete di pensare e che addirittura condizionano negativamente la vostra vita. Quello che voglio stimolare più di ogni altra cosa è attivare il desiderio di porsi domande e a non considerare tutto come ovvio.
 
Ricordate: l’ovvio è la strada annebbiata che non percorriamo mai e su cui si basano truffe e raggiri.
 
Alla fine il bias cognitivo passa attraverso la percezione di pancia, che spesse ( spessissime ) volte porta in sé un gruppo più o meno sparuto di concetti estremi che ci guidano in modo oscuro e che ci portano a dire o fare cose senza nemmeno rendercene conto.
 
Facciamo un esempio.
Ho sentito davvero di tante persone che nel loro desiderio di indipendenza e autonomia cercassero di dimostrarsi talmente autosufficienti da arrivare a pensare coscientemente e poi dire di non avere bisogno dell’aiuto di nessuno.
 
Esatto, avete letto bene: pensare coscientemente e poi dire.
Per capirci, con i termini “ pensare coscientemente ” io intendo proprio quella serie di formulazioni mentali che hanno concluso il loro percorso e che arrivano belli impacchettati in forma di parole chiare e definite, insomma le nostre parole del dialogo interiore.
Avete mai pensato che quelle parole potrebbero essere la parte finale di un percorso?
Esattamente. Quando avete espresso la parola dentro la vostra testa avete concluso una serie di ragionamenti che sono accaduti così velocemente che nemmeno ve ne siete accorti.
 
Mai successo di dire: “ ho detto quella cosa in quel modo, ma non era quello che intendevo dire… ”
Non hanno prestato attenzione alla forma di comunicazione ( probabilmente proprio per mancanza di ricchezza lessicale, o addirittura anche per mancanza di chiarezza riguardo il reale messaggio che si sarebbe voluto trasmettere ).
 
Fra l’altro quelle parole finché sono in testa, è possibile che, nel momento in cui dovessero uscire dalla nostra bocca, potrebbero subire un’ulteriore elaborazione a causa di censure richieste dal contesto in cui viene espresso l’eloquio… ( il classico caso in cui un bambino viene da voi con le mani sporche e vi regala una palla di argilla… lui è tutto felice e vi chiede se vi piace la loro meravigliosa creazione; nella vostra testa pensate “ ma che schifo! ” ma poi aprite la bocca, e sorridendo dite: “ che meraviglia tesoro! Grazie! ” e afferrate il famigerato tesoro ).
 
Avete capito bene; quando percepite una sensazione interiore, 99 volte su 100 nemmeno ce ne accorgiamo e la conseguenza diretta di questo non accorgersi dell’automatismo che mettiamo in piedi, è certamente l’arrivare ad esternare quel concetto in maniera talmente contorta ed elaborata, che non solo la comunicazione finisce in un vicolo cieco, ma addirittura siamo convinti di aver detto “ la verità ” ( che poi… la verità… vabbè ) e che sia stato l’interlocutore a mal interpretare il discorso.
 
Ah santa pazienza: adesso viene il bello.
 
Ora, io ho passato gli ultimi 8 anni a rifletterci su e a capire ( capire non significa che tutti lo dovrebbero capire… sto solo dicendo che io ho fatto questo, e che anche se ci sono arrivata non sono autorizzata a sentirmi un essere umano migliore di nessuno, mi raccomando che sia chiaro questo discorso ) che basta un tono di voce sbagliato per rovinare una comunicazione anche apparentemente banale, in quanto il tono di voce spesse volte rivela il nostro giudizio anche se apparentemente stiamo esprimendo parole di meraviglioso elogio, che magari su carta funzionerebbero, ma di persona… beh no.
 
Ci sono informazioni, riguardo la natura del nostro modo di pensare, che crediamo di nascondere solo perché non diciamo palesemente che odiamo una determinata categoria di persone, ma che poi, per chi dovesse osservare \ ascoltare anche solo per un minuto il nostro messaggio, risulterebbero evidenti anche se non esplicite.
Funziona un po’ come il nascondersi dietro un dito: basta non soffermarsi sulla natura dell’eloquio che subito è chiaro come siano presenti certe nostre ideologie.
 
Il bias cognitivo non solo ci fa credere di apparire in un certo modo, ma addirittura nasconde a noi stessi la reale natura di quello che pensiamo e proviamo.
 
Torniamo all’esempio sull’autonomia \ indipendenza.
Stiamo parlando con la persona X e lui ( o lei, scegliete a vostra preferenza ) annuncia quasi sorridendo:
“ Io sono indipendente perché ho un lavoro a tempo indeterminato e mi pago il mutuo, quindi non ho bisogno di nessuno. ”
 
Ora, guardiamo che cosa sta cercando di dire la persona con queste parole:
    1. “ Io sono indipendente perché ho un lavoro a tempo indeterminato e mi pago il mutuo… ”: qui stiamo sottintendendo un bias estremamente importante di cui siamo consapevoli, ma a cui non pensiamo minimamente, e cioè che lui è indipendente dal punto di vista economico.
    2. “ quindi non ho bisogno di nessuno ”: a questo punto la strada si divide in due direzioni:
        ◦ rimanere nel contesto fumoso delle parole e interpretare di pancia, pensando che la persona economicamente sia autonoma e che non abbia bisogno di chiedere soldi a nessuno; il fatto è che lui dice che non ha bisogno delle persone;
        ◦ a questo punto si può andare per logica e capire che questa è una frase estremamente fumosa, e quando le cose sono così ambigue, significa che è presente un aspetto più profondo, e cioè che la persona associa in qualche maniera la necessità economica con gli aspetti relazionali in quanto non è chiaro perché abbia associato l’aver bisogno di qualcuno con l’aver bisogno di soldi.
          
Se volessimo rimanere sul dato di fatto inequivocabile, arriveremmo a dire che la persona ha mandato due messaggi disgiunti:
 
    1. Mi guadagno da vivere da solo perciò non devo chiedere soldi ad altre persone;
       
       quindi
       
    2. Non ho bisogno di persone accanto.
 
Ecco questi due messaggi sono estremamente disgiunti nonostante l’uso della parola “ quindi ” che ( apparentemente ) leghi i due campi in modo “ netto ”: perché queste due frasi lavorano su due campi profondamente diversi: i soldi e le relazioni. È come dire ho l’acqua corrente in casa e quindi non ho bisogno di accendere la luce.
 
Ma perché la frase della persona X viene interpretata facilmente di pancia senza nemmeno accorgerci del cambio repentino di contesto, e invece la frase sull’idraulica ci è chiarissimo essere disgiunta?
 
Perché tutto lavora su un secondo bias cognitivo comune a tutti, che ci insegna una cosa: che le relazioni si formano basandosi sullo scambio di denaro e non sull’affettività.
 
Esattamente, se ci rendiamo indipendenti economicamente possiamo gestire la relazione perché non siamo noi ad aver bisogno di soldi, eventualmente saranno gli altri che ne chiederanno a noi e noi avremo il coltello dalla parte del manico facendoci credere di avere il controllo, di dire no quando vogliamo.
 
Tutta questa frase, insomma, ci insegna come l’aspetto economico in questo contesto sociale, sia ben più importante dell’aspetto affettivo.
 
Il problema è che nel momento in cui qualcuno dovesse prendere “ per la gola ” o meglio per i bisogni affettivi la persona X, senza problemi potrebbero aprirsi i rubinetti economici.
 
Eh sì, se non arriviamo a capire che abbiamo bisogni affettivi e che l’affettività è un aspetto umano che va curato e conosciuto, ci lasceremo trasportare dall’idea che non abbiamo bisogno di nessuno perché noi abbiamo i soldi… mi dispiace ma non appena qualcuno dovesse passare attraverso questo fumoso ragionamento e donarci tutta l’affettività di cui crediamo di non avere bisogno, ecco che i risparmi di una vita andrebbero persi dando spazio addirittura all’acquisizione di debiti.
 
Per questo dico che è necessario capire bene che cosa significhi una parola come: indipendenza.
Non esiste l’essere umano indipendente sotto tutti i punti di vista.
È fondamentale capire in che cosa siamo indipendenti e in cosa non lo siamo.
Abbiamo bisogni di tutte le salse perché siamo persone complesse con molte caratteristiche da curare. Non esiste l’indipendenza a 360°, ma è un mito a cui crediamo ingenuamente.
Solo perché pensiamo di avere tutto ciò che è materiale non significa che perché non curiamo l’affettività allora essa morirà senza influenzarci più, non appena qualcuno, che noi non consideriamo minimamente, dovesse iniziare ad innaffiare quel fiore appassito, arriveremmo in men che non si dica a pendere dalle sue labbra in maniere che noi stessi non riusciremmo a vedere.
 
Ho visto grafie con così tanta sofferenza nell’area affettiva che mi viene male anche solo a pensare: ma con che forza questa persone riescono a proseguire?
Tutti nella vita abbiamo avuto bisogno affettivo e tutti almeno una volta siamo stati ricattati per questo. Allora le persone credono di chiudere le porte alle relazioni nascondendosi dietro al dito del: “ non ho bisogno di nessuno ”.
Io posso comprendere la necessità di questa frase, e la posso addirittura rispettare. Ma state attenti. Se non imparerete a capire che tutti abbiamo dei bisogni, specialmente relazionali, ci sarà chi farà leva sui vostri bias fumosi e vi estorcerà quello che vorrà senza che nemmeno ve ne accorgiate.
 
Gli automatismi chiamati bias cognitivi, sono tutte quelle ovvietà che in realtà tanto ovvie non sono.
 
Avete mai letto i libretti delle istruzioni degli elettrodomestici?
Una volta ho letto una specifica all’interno del libretto di un taglia erba che indicava come quell’oggetto non fosse adatto a farsi la barba.
Stupido vero?
Eppure se è stato scritto significa che almeno una persona lo ha fatto, si è fatta male e ha fatto causa all’azienda produttrice perché non aveva specificato la pericolosità di quel tipo di uso.
 
Significa che anche se non è tanto ovvio che usare il taglia erba come rasoio è una cosa pericolosa, c’è qualcuno per cui questo non è una ovvietà.
 
In conclusione: le ovvietà sono l’autostrada per le peggiori incomprensioni e le più vergognose truffe. Esattamente come lo è il phishing è tutte quelle strategie che vi soggiogano e nemmeno ve ne accorgete.
 
Imparare a capire che avere dei bisogni non è da persone deboli, ma è umano e da accettare. Prima lo capirete, prima vi renderete conto che solo perché vi siete scottati con l’acqua non vi aiuterà il segregarvi nel deserto per non farvi più fregare, vi assicuro che avrete così tanto bisogno di acqua che al primo miraggio… correrete, oh se correrete, e troverete al suo posto una duna come un’altra, facendovi odiare ancora di più l’acqua, quando il problema non è l’acqua, ma chi avrebbe dovuto insegnarvi a distinguerla dall’alcol.

Grazie a Pixabay per l'immagine

Iro Järvinen
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