Grafologia teorica e pratica

Le emozioni: sono negative o positive?

Quando il foglio bianco chiama, Iro Järvinen risponde :)
Pennini Inchiostrati! Ecco a voi l’argomento del giorno :) Le emozioni negative sono proprio questo? Negative?
 
Sapete io e le emozioni siamo intime compagne da cui non posso sottrarmi in nessun modo e devo essere sincera, mi hanno creato non pochi problemi.
Alla fin fine le nostre emozioni sono strumenti meravigliosi che, beh, sì, che possono rivelarsi un’arma a doppio taglio.
 
È colpa del coltello se ci si è tagliati mentre lo si adoperava in modo incosciente o pericoloso?
Il coltello è solo uno strumento inanimato, un mezzo, il fine lo determina chi lo detiene. Una persona dalle cattive intenzioni non ha nemmeno bisogno di un coltello per farvi del male e state certi che se ne ha uno in mano saprà come sfruttarlo, al contrario il bisturi fra le mani di un esperto chirurgo risulta uno strumento che salva vite.
 
Non esiste un mezzo buono e uno cattivo. Esistono solo i mezzi: il buono e il cattivo fanno parte della natura umana.
 
Il primo passo per addentrarsi nel mondo delle emozioni è proprio identificarle come mezzo e non come fine. Ogni emozione ( spesse volte ) viene giudicata bene o male in quanto associata a situazioni dolorose o piacevoli, significa proprio che sono state classificate in emozioni negative e positive.
 
Adesso, senza impazzire con le mille sfumature che gli stati emotivi possono assumere, ridurremo le emozioni alle cinque fondamentali sensazioni a noi più note: gioia, rabbia, paura, disgusto, tristezza.
 
Ho volutamente specificato gioia e non felicità facendo riferimento ad un mio articolo precedente, leggetelo per più chiarimenti :) ( https://www.lagrafologia.eu/site/dettaglio.php?id_noticia=15 ).
 
Certamente ognuno di noi vuole essere felice e provare gioia quanto più possibile, ma come tutte le cose, per ottenerle è fondamentale passare per un percorso ( https://www.lagrafologia.eu/site/dettaglio.php?id_noticia=19 ), che ahimè comporta anche salite e asperità.
 
L’essere umano è una creatura complessa, e come la natura nel corso dei millenni ha compiuto lenti ma inesorabili passi verso una evoluzione dettata dalla necessità di adattamento, anche noi ci evolviamo, spinti sempre dallo stesso insaziabile desiderio: il benessere.
 
Pensateci, ad ogni progresso della qualità della vita, il nostro pensiero si è evoluto, esponendo necessità “secondarie” a cui prima non era materialmente possibile badare in quanto mancava il pane a tavola, e badare al proprio senso di abbandono era un lusso che non ci si poteva permettere di elaborare. Sono convinta che nel corso degli anni verranno allo scoperto tante di quelle necessità nuove ( o per meglio dire apparentemente nuove ) che non avevano il terreno giusto per essere considerate importanti.
Per fare un esempio nel secolo scorso morire di tumore era un problema raro e di poco conto: prima di tutto per via dell’aspettativa di vita poco longeva, e poi anche per la pericolosità di malattie come la spagnola o il vaiolo che mietevano tantissime vittime in tempistiche ben più corte di un qualsiasi tumore.
 
Allo stesso modo anche nella nostra vita siamo nati e cresciuti esponendo sempre più necessità nel corso del nostro vivere, ingegnandoci a trovare soluzioni ai problemi che consideriamo più importanti. Ma cosa ci guida? Che cosa ci spinge a ricercare il benessere in una forma o nell’altra?
Andiamo con ordine: non sforniamo il dolce prima che sia cotto :)
 
Le nostre emozioni hanno tutte uno scopo:

    • La gioia è un momento di intenso piacere e godimento, dove non si pensa ad altro che al momento presente. Per natura la mente accoglie facilmente questa sensazione in quanto conferisce alla persona l’energia di cui ha bisogno ( per capirci neurotrasmettitori come la dopamina e la serotonina che placano le ansie e attivano il sistema a ricompense che donano piacere alla nostra mente ).

    • La rabbia è certamente una emozione molto energizzante. La rabbia ci dà la forza di opporci a qualcuno che ci ha leso un diritto ( reale o presunto tale ). La rabbia porta con sé stress, irrigidimento, reazioni poco controllate e aggressività. Questa emozione è uno sfogo che ci fa uscire dallo stallo di una situazione come la sottomissione e facendoci lottare per i nostri diritti.

    • La paura anticipa il pericolo ( ce lo fa identificare ) e ci attrezza ad affrontare l’evento in cui potremmo presto rimanere coinvolti. 

    • Il disgusto è una forma di prevenzione ( come la paura ) che ci permette di individuare ciò che potrebbe “avvelenarci” sia fisicamente che socialmente. L’avvelenamento fisico è certamente determinato da odori sgradevoli o colori poco attraenti, mentre a livello sociale il disgusto ci fa allontanare da persone che potrebbero condurci o ci hanno già condotto in situazione dannose emotivamente.

    • In fine la tristezza. La tristezza è ( a parer mio ) in tutte le sue sfumature, l’emozione più profonda e intensa che io sappia provare quando ho bisogno di ritrovare me sessa. La tristezza è una risposta inibitoria che letteralmente ci fa fermare, per farci rendere conto dell’importanza degli eventi, persone e cose che hanno per noi un valore e che sono state perse. Attenzione: questa emozione non è sinonimo della depressione.
 
Se notate, ogni emozione ha una sua forma e una sua funzione specifica. Ovviamente queste emozioni ( esclusa la rabbia che è una emozione più complessa ) sono le più semplici emozioni che possiamo provare, e ognuna di loro poi si andrà a mescolare e sfumare secondo le casistiche in corso.
 
Ma allora tutte queste emozioni hanno uno scopo positivo! Cosa c’è di negativo nella rabbia? Nella paura o nel disgusto? Senza dubbio la risposta sta nell’uso che se ne fa.
 
Come il coltello può essere un ottimo supporto per affettare la carne, anche emozioni come la rabbia e la tristezza ci permettono di affrontare le situazioni che le richiedono nel modo più ottimale. Quindi con questa logica anche la gioia, se usata in modo sbagliato, può essere negativa :o
 
Facciamo degli esempi :)
 
Marco ha appena vinto una gara sportiva per lui molto importante. Nel frattempo Cecilia, la sua fidanzata, si trova sugli spalti e ascoltava un messaggio vocale di una amica che le diceva qualcosa di estremamente doloroso, e cioè che la loro lunga amicizia è finita ( non stiamo ad indagare il motivo, al momento non ci interessa ). Marco tutto felice raggiunge Cecilia con gli amici e vuole festeggiare. Cecilia non si sente proprio di condividere l’evento perché prova una profonda tristezza e un grande dolore. Marco non ascolta nemmeno la sua fidanzata, semplicemente la porta con sé nel locale, ma non le da ascolto o empatia: è troppo felice di aver vinto che non gli importa di provare solidarietà con lei.
 
In questo caso Marco considera più importante il suo traguardo rispetto alla stato d’animo della sua fidanzata e il desiderio di provare gioia ( tipicamente una emozione non solidale e molto egoista ) lo porta a lasciarla in disparte. La gioia è una emozione estremamente egoistica che una persona si tiene ben stretta quando la prova.
 
Certo ho ridotto all’osso il concetto, ma con questa piccola storia ho messo in campo il fatto che la gioia è stata usata in modo egoistico perché Marco per natura è egoista e ha fatto uso della gioia  senza considerare le necessità della fidanzata. Ovviamente la cosa va contestualizzata al tipo di persona che sono Marco e Cecilia, come andava la loro relazione, se, per esempio, Cecilia fosse una ragazza sempre triste oppure Marco un ragazzo che ( a prescindere dallo stato d’animo della fidanzata ) si sente libero dall’impegno di curarsi di lei.
 
Come vedete le sfumature sono davvero tante! Non c’è modo di riassumere tutto in una storiella senza mettere in chiaro che c’è sempre un contesto di fondo che mette in chiaro i limiti e le responsabilità di ognuno.
 
Facciamo un esempio con la rabbia.
 
Giulia e Roberta sono ad una festa. Loro sono fidanzate. Delle due Roberta è quella più sicura di sé e decisa, mentre Giulia è molto sensibile e remissiva. Le due si scambiano un bacio e poi Roberta va a prendere da bere, allontanandosi dal tavolo dove si trovavano.
La scena è stata vista da un paio di ragazzi molto ( per così dire ) religiosi. Immediatamente si avvicinano a Giulia e cominciano a farle discorsi sul peccato e l’importanza di farsi “curare”. In quel momento arriva Roberta che, capita la situazione, con decisione li affronta. All’inizio la ragazza decide di usare semplicemente le parole e poi, dato che i due risultano molto decisi nella loro “crociata”, Roberta intima loro di andarsene con molta rabbia, proteggendo non solo sé stessa, ma anche la fidanzata.
 
La rabbia in questo caso è stata una carica di energia non indifferente che ha permesso di porre dei limiti nei confronti di una situazione molesta. I due perfetti sconosciuti hanno voluto battibeccare cercando di imporre un proprio ideale che non ha certo l’intendo di favorire il benessere delle fidanzate.
 
Qui la rabbia è stata sana e utile. Le due si sono difese dalla chiusura mentale di due perfetti sconosciuti. Se avessero reagito con tristezza o paura, i due ragazzi avrebbero avuto modo di infierire sulle due senza alcun problema.
 
Ma allora tutte le emozioni sono sia buone che cattive? È relativo.
 
Le emozioni non si possono controllare. Le emozioni sono irrazionali, non si può sperare di decidere quando provare cosa. Quello che possiamo fare è prendere consapevolezza della loro utilità e, al loro presentarsi, sfruttarle nel modo più utile possibile. Una emozione diventa dannosa quando risulta inconsapevole e ( di conseguenza ) ci porta ad azioni estreme. Una emozione diventa lesiva anche quando è troppo ripetitiva e conduce a circoli viziosi di pensieri che la alimentano sempre più intensamente.
 
Se le emozioni sono troppo incontrollate e vi portano ad una vita condizionata da esse impedendovi di fare scelte serene e consapevoli, consiglio sempre il supporto di uno specialista. 
 
Le nostre emozioni sono preziose ed è fondamentale educarci a gestirle. 
 
Mi raccomando, le emozioni non si possono controllare in quanto completamente irrazionali e relative agli eventi in corso, al massimo si possono gestire in modo consapevole nel momento del loro arrivo; diffidate sempre, sempre, sempre di chi vi promette di controllare le proprie emozioni decidendo cosa provare. 
 
Non è possibile in nessun modo avere potere decisionale o impositivo sulle emozioni.
 
Se le emozioni fossero controllabili attraverso una imposizione, non saremmo persone.
 
Potete controllare cosa vi arriva nella cassetta delle lettere? Potete impedire che vi venga recapitata una denuncia oppure un assegno di risarcimento? Dipende sempre da cosa fare e che eventi provocate: non potete impedire alla posta di raggiungervi, potete solo prenderne atto, leggerla e rispondere, e se metterete da parte le lettere, la pila aumenterà finché non vi inonderà la casa, a quel punto sarà molto dura svuotarla in tempi brevi. Le emozioni hanno la stessa dinamica.
 
In conclusione: le nostre emozioni sono preziose e rappresentano la carica di energia ( o di inibizione ) che ci portano a vivere ogni giorno le nostre esperienze con colori magnifici. Invito tutti i miei Pennini a riflettere sulla profondità di ognuna di esse, imparando a chiedervi il perché e l’origine delle vostre sensazioni. Date spessore e importanza a ciò che provate: è ciò che vi rende voi stessi in una meravigliosa unicità, che nessuno mai potrà replicare.
 
Are you ready to repeat?

    • Il coltello è “cattivo”?
    • Le emozioni sono un mezzo o un fine?
    • L’essere umano, come la vita, si evolve;
    • Le nostre emozioni hanno un senso;
    • L’esempio di Marco e Cecilia: la gioia negativa;
    • L’esempio di Roberta e Giulia: la rabbia positiva;
    • Le emozioni non si controllano: si gestiscono.
    • L’esempio della posta;
    • In conclusione.
 
Ringrazio di cuore che avete speso il vostro prezioso tempo in questa lettura. Spero di avervi arricchito e stimolato delle riflessioni, che potrete tranquillamente condividere nei commenti.
Un caro abbraccio.
 
Iro Järvinen
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